lunedì 16 novembre 2015

Parigi

Mi ero ripromessa di scrivere su questo blog solo cose "belle", ma non posso ignorare un fatto come quello successo a Parigi. Così ho deciso di scrivere un mio pensiero al riguardo.
L'altra sera ho parlato con i miei genitori di quanto successo venerdì a Parigi, e ho capito cosa intendeva la mia prof. con la differenza tra reazione istintiva e giudizio. Io mi ero fermata a quello che avevo letto nell'articolo di Fontana, cioè che è incredibile che, con tutti gli apparecchi tecnologici che esistono ora, nessuno sia riuscito a intercettare una chiamata di questi che si mettono d'accordo. Ma parlando con i miei ho capito che non è la sicurezza il problema. Quello che è sconvolgente è che queste persone erano convinte di fare del bene facendosi esplodere. Fin da piccoli sono stati educati al fatto che la cosa più grande che puoi fare è, ammazzandoti, eliminare gli infedeli. Non danno valore alla singola persona, alla vita; non hanno niente di grande per cui val la pena vivere.

Ho letto di uno che ha scritto "Essere cauti. Non avere paura. Queste persone vogliono diffondere la paura. Se si mostra paura vincono. E il male non deve mai vincere. Essere coraggiosi. Essere forti." e quello che mi ha lasciata un po' dubbiosa è il loro, come se fossimo noi e loro, noi umani e loro bestie. Non mi sento di fare questa drastica divisione, perché quello che hanno fatto queste persone secondo loro era la cosa più grande che potessero fare, si sentivano martiri. Queste persone pensano che se vinceranno questa guerra e convertiranno tutti all'Islam saranno tutti felici, ed essere felice è il desiderio di ogni uomo.

Altre persone scrivono #IoStoConParigi, come la settimana scorsa #IoStoConVale, perché? Un hastag non risolverà sicuramente la situazione. Io non so cosa si potrebbe o dovrebbe fare ora, l'unica cosa che io posso fare è pregare, ora più che mai.

venerdì 6 novembre 2015

"Tu Pumba!"

L'Elfo ha tante passioni, come Il Re Leone e le action figures di un po' tutti gli animali. Ha una scatola con dentro tutti i suoi giochi, tra cui Simba, Scar e Timon e Pumba anticamente appartenuti al Pianista. Oggi abbiamo tirato fuori quella scatola, dato che ci eravamo annoiati a distruggere piste di legnetti con le macchinine, e l'Elfo mi ha passato Pumba dicendo "Tu Pumba!" invece di sentirmi onorata per l'ottimo complimento (per chi non lo sapesse, Pumba non è proprio un figurino)  ho provato a insegnargli qualcosa di diverso da i soliti "ti voglio bene" o contare fino a cinque in tedesco (cose che insegnano tutte le mamme e/o sorelle maggiori, insomma), allora ho preso in mano il leone di plastica e ho chiesto

lunedì 2 novembre 2015

“Sono tutti suoi?” “No, ne ho altri tre a casa”



A questa risposta puntualmente segue lo sguardo sbigottito di una commessa o di un passante curioso, e poi i classici “Complimenti!” “Ma come fa?” “Avete una squadra di calcio familiare?” risata collettiva. Tantissime persone rimangono sbalordite quando si parla di numeri. Ma la verità è che ormai ci siamo abituati: spesso a tavola ci guardiamo e diciamo "Sembriamo pochi..." ed è vero, non lo diciamo tanto per dire. Ovviamente non ci sembriamo pochi quando dobbiamo stringerci come sardine per starci tutti sul divano, è una questione di prospettiva. Per non parlare della spesa: ogni volta dobbiamo andare almeno in tre a scaricare tutti i sacchetti pieni di cibo dalla macchina, portarli in casa e appoggiarli sul tavolo, poi la mamma farà la magia e tutto ci starà nel frigorifero. Tutti insieme formiamo una -quasi- perfetta catena di montaggio, ed ognuno ha il suo incarico personale; io, ad esempio, ho l'incarico fisso di sparecchiare e "fare la cucina" tutte le sere, e ogni tanto aiuto mia mamma a piegare i vestiti puliti (recentemente ho anche cominciato a stirare); il Pianista porta giù la spazzatura e ogni tanto sparecchia al posto mio; il Cavaliere sparecchia a pranzo, quando torna da scuola, e la Polpetta mi aiuta a sparecchiare la cena; infine la Streghetta apparecchia la cena e la colazione (quando si ricorda); l'Elfo e la Patata invece, sono ancora troppo piccolini, nonostante l'Elfo ogni tanto mi aiuti a mettere via due o tre posate, o a riempire l'acqua.

domenica 1 novembre 2015

“Tesoro, la mamma aspetta un fratellino!” “Un altro?!”

Essendo la prima di sette, in casa sono quella che ha sentito più volte la frase “Arriva un fratellino!”. E ne sono sempre stata contentissima, mi piacciono i bambini. Nella nostra famiglia, nessuno si è mai lamentato perché siamo troppi, o nessuno ha mai detto di sentirsi trascurato. Ovviamente la battuta “Uno più, uno meno” l’abbiamo sempre fatta, ma sono certa che nessuno dei miei fratelli pensi che sarebbe più felice se fosse figlio unico, e nemmeno io lo penso. Per scherzare, dico spesso alle persone che i miei genitori, essendo entrambi figli unici, hanno voluto compensare, e questo forse è vero. Certo è difficile, non lo nego, ma è bello. Io sono stata figlia unica per un anno, e da allora ho sempre avuto qualcuno con cui giocare.